Fa sapere il Procuratore Distrettuale, Francesco Curcio, che nelle prime ore di questa mattina la Squadra Investigativa Comune composta dalla Repubblica Italiana e quella Moldava ed in particolare dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, dalla Procura di Chisinau, dall’Arma dei Carabinieri del Comando Provinciale di Potenza e del Reparto Operativo Nucleo Investigativo e del Comando per la Tutela del Lavoro di Roma, dalla Polizia Moldava, con l’indispensabile cooperazione fornita da Eurojust, ha eseguito, contestualmente, in Basilicata, un decreto di fermo emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza nei confronti di sei soggetti, cinque cittadini moldavi e un italiano, tutti gravemente indiziati di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani ed all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I soggetti attinti dal fermo emesso dalla D.D.A. di Potenza si identificano in D. V., A. M., A. L., P. L., C. U. e C. M., quest’ultima rintracciata e arrestata a Padova.
La vasta, capillare e complessa attività d’indagine, svolta dalla Squadra Investigativa Comune grazie al fondamentale supporto offerto dal Desk Italiano di Eurojust, ha sviluppato due diverse, ma analoghe, indagini – una delle quali coordinata dalla D.D.A. lucana e l’altra dalla Procura Moldava di Chisinau – che hanno consentito di acquisire elementi indiziari ritenuti gravi dagli inquirenti italiani e moldavi, in ordine alla esistenza di medesimo sodalizio criminoso che operava fra l’Italia e la Moldavia.
Si è trattato della prima, storica sperimentazione, da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, dello strumento della Squadra Investigativa Comune che, nel contesto dell’operazione denominata “Women Transfer”, ha permesso di intessere una proficua sinergia operativa con l’Autorità Giudiziaria di un altro paese europeo, mediante lo scambio di informazioni ed elementi d’indagine raccolti da ciascuno degli Uffici anche attraverso il raccordo garantito da Eurojust e dalle forze di Polizia italiane e moldave, in ciò abilmente supportate da Europol che ha consentito alle diverse Procure di operare anche in territorio estero, fianco a fianco con gli inquirenti di altro paese.
Le indagini interne ed internazionali, svolte fra l’altro mediante intercettazioni telefoniche, captatori informatici, GPS, monitoraggi e pedinamenti sia classici che a distanza attraverso l’uso di videocamere, come detto, hanno consentito di acquisire indizi ritenuti gravi dagli inquirenti, sull’esistenza di un sodalizio con base logistica a Potenza, ma operativo tra il capoluogo lucano e la Moldavia, dedito al reclutamento di donne vulnerabili ed in condizioni sociali, familiari ed economiche precarie, da impiegare in Italia come badanti presso famiglie della provincia di Potenza e Matera in nero ed in condizioni di grave sfruttamento lavorativo, con riguardo agli orari di lavoro, massacranti e continui, senza adeguato riposo, senza alloggio dignitoso, senza garanzie previdenziali ed assistenziali, con paghe che, al netto delle trattenute per i debiti maturati dalle donne e degli orari di lavoro, sono risultate di gran lunga inferiori a quelle previste.
Il sodalizio, capeggiato da D. V., per come ricostruito nel corso delle indagini sulla base degli elementi raccolti: si occupava dell’organizzazione dei viaggi tra la Moldavia e l’Italia eseguiti nella maggior parte dei casi dal figlio A. M., in ciò agevolato dalla moglie A. L. che sovraintendeva alla propedeutica fase organizzativa mediante la raccolta delle prenotazioni e l’acquisizione dei passaport biometrici da cui venivano ricavati i dati delle donne utili alla predisposizione dei documenti contraffatti (certificati sanitari antiCovid, contratti di lavoro, strumentali a garantire il passaggio della frontiera, etc.).
Faceva si che le donne giungessero in Italia già gravate dal debito di viaggio a cui si aggiungeva l’ulteriore debito per l’alloggio messo a disposizione dal sodalizio in attesa del collocamento lavorativo, ubicato in pieno centro storico a Potenza, e la tangente, pari a € 100,00 mensili, applicata sulla retribuzione a titolo di compenso per il procacciamento del lavoro.
A garanzia del debito le stesse, su disposizione del capo D. V., in ciò agevolata, dalle due fiduciarie C. M. e P. L., privava del passaporto le vittime a cui veniva restituito solo al saldo di quanto dovuto.
Le indagini hanno allo stato evidenziato che le badanti erano sottoposte a una perdurante intimidazione, esercitata anche per il tramite di A. M., che le minacciava di aggredirle ovvero di farle prostituire in caso di insolvenza o comunque di riluttanza alla rigida sorveglianza a cui erano sottoposte.
Nei casi più gravi, si è avuto modo di rilevare come tale intimidazione sia sfociata in vere e proprie forme di costrizione fisica, come quella in danno di una donna che, su disposizione di D. V., veniva segregata nella stanza dell’alloggio del centro storico nella disponibilità del sodalizio, e di aggressione, come quella in danno di una badante che veniva colpita con pugni.
Lo stringente controllo che il sodalizio esercitava sulle donne per come emerso da intercettazioni e dichiarazioni raccolte – si estrinsecava per tutta la durata della permanenza in Italia, in quanto, veniva loro imposto di rientrare in Moldavia attraverso i viaggi organizzati ed effettuati dallo stesso A. M..
Le indagini hanno inoltre permesso di far luce sulle condizioni alloggiative degradanti in cui le vittime venivano a trovarsi, sia durante la permanenza presso l’abitazione nella disponibilità del sodalizio, sia in taluni casi presso le abitazioni delle famiglie ove venivano impiegate, in quanto, costrette a dormire sul pavimento, a condividere lo stesso letto in più persone, talvolta anche con lo stesso soggetto assistito.
Il quadro indiziario relativo allo sfruttamento lavorativo è stato acquisito anche attraverso una attenta osservazione dell’orario di impiego delle donne risultato, di fatto, gravemente difforme rispetto alle vigenti disposizioni del CCNL di categoria, in quanto in molti casi le stesse venivano impiegate h/24 con rinuncia al riposo giornaliero ed al riposo settimanale.
Le condizioni di lavoro per come emerso dalle investigazioni – venivano imposte da D. V. che si occupava del collocamento delle badanti presso le famiglie, concordando durata e modalità di impiego presso i soggetti collocatari, secondo un tariffario prestabilito unilateralmente dalla donna rispetto a cui le badanti non avevano alcun potere di autodeterminazione contrattuale.
Infine si deve sottolineare come siano stati acquisiti elementi indiziari considerati gravi dagli inquirenti che evidenziano la capacità organizzativa del sodalizio, che nel solo periodo compreso tra Gennaio e Maggio del corrente anno, ha effettuato ben sedici viaggi tra l’Italia e la Moldavia, malgrado le restrizioni alla circolazione delle persone imposte dall’emergenza sanitaria in atto.
Tale capacità organizzativa si è espressa anche attraverso la meticolosa cura della logistica, essendo emersa la costante disponibilità di una sorta di taxista, C. U., impegnato nel garantire gli spostamenti delle badanti secondo le disposizioni impartitegli da D. V..
Durante le indagini è stato possibile quantificare un numero complessivo di ottantasette vittime.
A fronte di un’azione delinquenziale di assoluta gravità, questa Direzione Distrettuale Antimafia, grazie alla cooperazione giudiziaria internazionale ed al supporto dei militari dell’Arma, ha dispiegato il massimo impegno investigativo che ha permesso, nel volgere di meno di un anno, di arginare, con un efficace intervento pre-cautelare, una situazione di emergenza sociale di stringente attualità.
Alle ore 11:15 si terrà una conferenza stampa presso la Procura di Potenza alla presenza del Procuratore Distrettuale, delle Autorità Moldave e degli inquirenti.