Multe contestabili per gli autovelox non a norma: è il caso anche di uno in Basilicata. I dettagli

Gli accertamenti hanno riscontrato la mancata omologazione e l’assenza del prototipo del sistema di rilevamento, entrambi elementi indispensabili per accertare la legittimità delle violazioni rilevate dai sistemi stessi.

Come riporta skytg24: “Lo scorso maggio, un decreto del governo ha introdotto alcune modifiche nel settore e ha dato ai centri urbani 12 mesi per adeguarsi.

Come spiega il Codacons, le multe determinate da apparecchi autovelox non a norma possono essere contestate, purché la sanzione non sia stata già pagata dagli automobilisti.

La Polstrada di Cosenza, a distanza di un anno, ha nuovamente sequestrato alcuni autovelox ritenuti illegali e attivi sulla rete stradale provinciale e non. Il sequestro riguarda apparecchiature presenti in vari comuni e città.

Il provvedimento è stato emesso dal gip nell’ambito di un’attività d’indagine delegata dalla Procura di Cosenza e a seguito delle risultanze degli accertamenti sulla “non legittimità del sistema di rilevamento delle violazioni della velocità effettuate con la strumentazione denominata T-EXSPEED v 2.0 con postazioni fisse per il rilevamento della velocità sia media che puntuale, dislocate lungo la statale 107 e la provinciale 234 del territorio della provincia di Cosenza e la statale 106”. Il legale rappresentante della società appaltatrice è stato denunciato in stato di libertà per frode nella pubblica fornitura.

Gli accertamenti effettuati, secondo quanto riferito dalla Polstrada di Cosenza, hanno consentito di appurare non solo la mancata omologazione ma anche l’assenza del prototipo del sistema di rilevamento.

Questi sono elementi indispensabili per accertare la legittimità delle violazioni rilevate dai sistemi stessi, che sono di proprietà di società private date in noleggio a enti locali. C’è il rischio concreto di danno erariale nel caso di ricorso da parte di utenti a cui spesso i giudici aditi riconoscono oltre l’annullamento del verbale anche il risarcimento delle spese.

Il sequestro riguarda apparecchiature presenti in vari comuni e città quali Venezia, Vicenza, Modena, Reggio Emilia, Pomarico, Cerignola, Pianezza, Piadena, Formigine, Arcola, Carlentini, San Martino in Pensiliis.

Le multe determinate da apparecchi autovelox non a norma possono essere contestate, purché le sanzioni non siano state già pagate dagli automobilisti.

Lo afferma il Codacons, che ha commentato la raffica di sequestri. La legge stabilisce criteri e tempi precisi per impugnare le sanzioni: dalla data di contestazione o notifica della violazione, 60 giorni per andare davanti al Prefetto, ricorso gratuito ma che determina il pagamento del doppio della sanzione qualora l’istanza venga respinta, o 30 giorni per rivolgersi al giudice di pace, ma pagando il contributo unificato.

Per le multe già pagate o quelle per cui siano scaduti i termini non è possibile proporre ricorso, afferma il Codacons.

Nel caso in cui sia ancora possibile contestare la sanzione, per avere certezze circa l’omologazione del dispositivo autovelox che ha accertato la violazione, occorre presentare istanza d’accesso presso il comune dove è installato l’apparecchio e, una volta ottenuti gli atti, analizzare le specifiche tecniche sull’autovelox.

“Chi viola i limiti di velocità e mette a rischio la sicurezza stradale va sempre punito, ma gli enti locali devono agire nella piena legalità utilizzando apparecchi omologati e che rispettino le normative, per evitare l’inevitabile raffica di ricorsi che scatterà ora a seguito dei sequestri degli autovelox disposti dalla magistratura”, conclude il presidente Carlo Rienzi.

La norma relativa agli autovelox è stata modificata lo scorso maggio con un decreto apposito, che dava ai Comuni 12 mesi di tempo per adeguarsi.

Prevede fra l’altro che la postazione di rilevazione sia sempre visibile e che i dispositivi siano fra loro distanziati. La stretta è stata voluta dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini.

In base alle nuove regole, i tratti di strada su cui gli autovelox potranno essere utilizzati dovranno essere individuati con un provvedimento del prefetto.

La presenza dei dispositivi elettronici andrà inoltre segnalata con un adeguato anticipo: almeno 1 chilometro prima fuori dei centri abitati, 200 metri sulle strade urbane di scorrimento e 75 metri sulle altre strade.

Viene poi fissata per la prima volta la distanza minima che deve intercorrere tra un dispositivo e l’altro (progressiva per tipo di strada) in modo da evitarne la proliferazione.

I rilevatori poi non si potranno utilizzare dove esiste un limite di velocità eccessivamente ridotto: quindi non potranno essere posizionati sotto i 50 chilometri orari nelle strade urbane; per le extraurbane solo nel caso in cui il limite di velocità imposto non sia inferiore di oltre di 20 km orari a quello previsto per quel tipo di strada (se è una strada da 110 km/m, il dispositivo può essere utilizzato solo se il limite in quel punto è fissato ad almeno 90 chilometri orari).

Infine l’utilizzo di dispositivi a bordo di un veicolo in movimento è consentito solo se c’è la contestazione immediata, altrimenti dovranno essere scelte postazioni fisse o mobili, debitamente visibili.

Nel decreto non veniva invece affrontato proprio il tema dell’omologazione.

In aprile, una sentenza della Corte di Cassazione aveva infatti stabilito che le multe emesse tramite dispositivi meramente approvati, e non omologati, sono nulle.

Un principio che rischia di provocare una valanga di ricorsi. Sempre secondo il Codacons, in base alle ultime stime del sito specializzato Scdb.info, l’Italia conta 11.303 apparecchi per la rilevazione automatica della velocità installati lungo le strade.

I comuni intanto iniziano a correre ai ripari: Trieste per esempio ha appena deciso di sospendere i controlli effettuati con gli autovelox, sulla scia di quanto fatto nelle scorse settimane da Muggia, altro comune del Friuli Venezia Giulia”.