Ieri è stato condannato il 33enne lucano Arturo Saraceno, originario di Teana (PZ) che uccise la sua ex fidanzata, Debora Fuso, giovane 25enne, colpendola ferocemente con 15 coltellate.
I due, dopo aver convissuto per 5 anni, erano in procinto di sposarsi ed avevano raggiunto la Basilicata per scegliere il vestito da sposa e organizzare le nozze.
Subito dopo, a causa della gelosia e del comportamento violento di lui, la coppia aveva troncato la relazione.
Quel maledetto 17 Maggio del 2016 si erano rivisti perchè lui le aveva chiesto un ultimo incontro chiarificatore e Debora aveva purtroppo acconsentito, andando all’appuntamento nella mansarda di via Cardinal Ferrari a Magnago (MI), dove avevano convissuto.
I due litigarono, ma al culmine di un acceso diverbio lui, con un coltello preso dalla cucina, la inseguì e mentre lei tentava di andarsene la colpì con 15 fendenti sulle scale e nell’androne del palazzo.
Poi si puntò la lama al petto per farla finita, procurandosi solo lievi ferite al torace.
Per Debora non ci fu nulla da fare.
Lui, dimesso dopo una settimana dall’ospedale, dopo sei ore di interrogatorio confessò ai Carabinieri l’omicidio, dicendo che gli era “partito un embolo”.
Ieri c’è stata la sentenza, la condanna in primo grado emessa dal tribunale di Busto Arsizio che ha condannato l’assassino a 16 anni di carcere, 5 di libertà vigilata e al risarcimento di 500mila euro alla famiglia della vittima che si è costituita parte civile.
Il giudice ha escluso le aggravanti e ha scontato la pena base di 24 anni di un terzo.
La pm Maria Cardellicchio aveva chiesto l’ergastolo, che la scelta del rito ha comunque fatto “scalare” a 30 anni di reclusione.
Deluso Luigi Fuso, il papà di Debora che in un’intervista al Tg1 ha dichiarato:
“Mi sono affidato alla giustizia e sono stato ripagato con un verdetto del genere, il rito abbreviato per questo tipo di delitti non dovrebbe esistere.
Questa è l’Italia e la mia famiglia lo ha toccato con mano, sono davvero deluso e arrabbiato.
Non sono i trent’anni di galera che mi riporteranno mia figlia però intanto te li fai, invece no. Non è stato possibile.
E come non è stato possibile per me, non lo è stato per altre famiglie nella mia stessa situazione”.
L’avvocato di parte civile ha sottolineato l’insoddisfazione della famiglia di Debora per una pena così lieve e procederà con il ricorso in appello.