Archivio di stato e cittadinanze: il dialogo si anima anche in Basilicata. I dettagli

In questi giorni, per una particolare circostanza, si è tornato a parlare di riconoscimenti della cittadinanza italiana.

Così spiega Luigi Scaglione, Presidente Centro Studi Internazionali Lucani nel Mondo – CIM Basilicata:

“Da un lato il dibattito aperto sulla proposta della “ius scholae” e dall’altro per il deposito delle firme necessarie alla richiesta di referendum volta a modificare gli anni di attesa per il riconoscimento della stessa (ius soli).

Da 10 anni a 5 anni.

Ma in questi ultimi due, tre anni in particolare, sono aumentate le richieste nei nostri Comuni ed anche in quelli di altre regioni italiane, di riconoscimento attraverso la ricostituzione dell’albero genealogico, della cittadinanza (lo ius sanguinis) in favore di nipoti e pro nipoti residenti per lo più nei Paesi Sudamericani dove si sono trasferiti i loro avi tra la fine dell’800 e in gran parte fino agli anni 60.

Circostanza questa che pone su livelli diversi l’analisi della tenuta del tessuto sociale ed economico del nostra Paese, in relazione al fatto che le cittadinanze per lo ius soli (una legge vecchia di 30 anni) fanno diventare le attese di cittadinanza quasi inascoltate pur avendo ipotesi legate alla residenzialità e alla cittadinanza dei genitori, ma che di fatto sottrae generazioni e forza lavoro futuro al Paese.

Ma questa è un’altra storia.

Resta la disparità con chi viene a ricostruire la propria identità e poi, con il passaporto italiano, cambia residenza spesso in Europa ma anche nel mondo occidentale più propenso, nonostante viga, come il caso Svizzero, una sorta di periodo di apprendistato alle ragioni di quel Paese, con i famosi permessi di categoria B o C.

Ecco perché il convegno promosso dall’Archivio di Stato attraverso una lungimirante idea della sua direzione e della sua struttura, trova un palcoscenico nuovo anche in Basilicata.

L’idea, comunque tutta da rivedere, del progetto Turismo delle radici, da un lato ha creato aspettative andate deluse per i viaggiatori emigranti che la regione di partenza dei loro avi la conoscevano già, dall’altro ha però messo in primo piano un tema, quello delle vecchie e nuove generazioni che ritornano a casa per immaginare una loro restanza o perlomeno garantire alle abitazioni che hanno contribuito a costruire da lontano con le loro rimesse, una speranza di rinascita e di vita vera.

L’idea che si possa attraversare il mare del caos legato alla ricerca dei documenti di nascita, matrimonio, battesimo, servizio militare, con una linearità sconosciuta e che invece il materiale messo a disposizione dalla ricerca e dagli studi che l’Archivio di Stato sta facendo e che presenterà nel progetto di apertura e conoscenza del suo ruolo, non può che essere sottolineato positivamente da chi come noi in questa dinamica dei flussi migratori, prova a ridare una motivazione intanto al riconoscimento del grande compito svolto dai nostri emigranti e poi dalle virtuose sinergie che si possono mettere in campo (penso proprio agli archivi diocesani, a quelli militari) per immaginare che tra ritornanze e restanze, si mettano in atto politiche capaci di guardare al rientro delle nuove emigrazioni frutto di mobilità e circolarità, più che di quella generica e negativa accezione della fuga dei cervelli.

Da questo convegno può ripartire la spinta verso nuove politiche fiscali anche nella nostra regione a favore dei lucani andati via, ma soprattutto per evitare che il flusso prosegua”.