Potenza: “Sì, anche di loro dobbiamo occuparci adesso”. Gli studenti di questo Liceo riflettono su carcere e Covid-19

A cosa serve un percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento con la Camera Penale Distrettuale di Basilicata e con la Casa Circondariale di Potenza?

Questa è stata la domanda che gli studenti della III A del Liceo Scientifico Pier Paolo Pasolini di Potenza hanno posto alla prof.ssa Antonietta Comodo, referente per l’Alternanza presso il Liceo, quando all’inizio dell’anno scolastico la stessa aveva proposto loro un percorso sulla funzione rieducativa della pena.

Come affermato dallo studente, Riccardo Bochicchio:

“chi poteva immaginare che ne avremmo subito sperimentata l’utilità proprio grazie alla surreale situazione che stiamo vivendo ora?

Questo percorso ci sta consentendo di acquisire alcune fondamentali competenze civiche che in questo momento sono indispensabili.

Infatti, grazie agli incontri con gli avvocati della Camera penale e in particolare con l’avv. Shara Zolla, nostra tutor esterna, abbiamo compreso l’importanza del rispetto delle regole, anche quando queste regole non ci piacciono affatto perché ci limitano nelle nostre libertà fondamentali, in quanto poste a salvaguardia del diritto alla salute che in questo momento è prioritario.

E poi abbiamo capito il valore di quelle libertà che noi diamo per scontate: il significato di quello che Piero Calamandrei diceva in un periodo in cui le limitazioni alla libertà dipendevano da ben altre cause, e cioè che la libertà è come l’aria…ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.

E infine, incontrando anche in questi giorni, con gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione, le figure che operano con grande professionalità e umanità all’interno del carcere, abbiamo capito come la dignità dell’essere umano vada sempre rispettata anche quando si tratta di un detenuto che ha commesso reati gravi che deve sì scontare la giusta punizione, ma nel rispetto della sua persona, e che quindi anche in questo momento storico così drammatico ha diritto di vedere tutelata la propria salute.

Inoltre come anticipato dalla prof.ssa Comodo, tutor interna del percorso, durante uno dei nostri incontri virtuali in cui si discuteva dei problemi nati nelle carceri a causa del coronavirus, è bastato un successivo confronto virtuale con la direttrice della Casa circondariale, col comandante della polizia penitenziaria e con le educatrici perché tutti i ragazzi dicessero: ‘Si, anche di loro dobbiamo occuparci adesso'”.

Infatti, nel confronto avuto con gli studenti, la direttrice della Casa Circondariale di Potenza, dott.ssa Maria Rosaria Petraccone, è intervenuta riassumendo ancora una volta il proprio ruolo nel complesso mondo penitenziario che:

“è quello di garantire il rispetto delle regole ma anche il rispetto delle persone e della loro dignità in modo da restituire alla società la parte migliore di questi uomini e donne reclusi”.

Il Comandante del Reparto di Polizia Penitenziaria, dott. Giovanni Lamarca, ha evidenziato:

“come il cronico sovraffollamento degli istituti penitenziari, in questo particolare momento storico, caratterizzato dal rischio di contagio da COVID19, sia reso ancora più grave.

Ciò dipende dalla perdita di posti letto causata dall’esigenza di trasformare camere, una volta destinate ad accogliere più detenuti, in celle singole riservate ad isolare precauzionalmente qualsiasi caso sospetto gli istituti penitenziari, infatti, sono per la loro particolare destinazione, delle comunità chiuse, in cui è impossibile rispettare il distanziamento sociale disposto per i cittadini.

Di conseguenza la presenza di casi positivi tra i detenuti, qualora non tempestivamente isolati, potrebbe portare ad un ingente numero di contagiati, con il rischio che gli istituti penitenziari divengano dei focolai di contagio, cui dovrebbe far fronte l’azienda sanitaria locale, con risorse che andrebbero a sottrarsi inevitabilmente a quelle messe a disposizione della cittadinanza.

Per questo sono stati creati rigidi protocolli di isolamento per qualsiasi caso potenzialmente a rischio, in particolare per i soggetti appena arrestati, volti a scongiurare o quantomeno limitare al minimo i suddetti rischi, dotando altresì tutto il personale di Polizia penitenziaria di mascherine chirurgiche.

Tuttavia un alleggerimento complessivo delle presenze sarebbe in questo momento utile a garantire queste particolari ed eccezionali modalità di gestione detentiva”.

In ultimo, le F.G.P., educatrici della struttura, dott.sse Sonia Crovatto ed Angela Benemia, si sono rivolte agli studenti sottolineando:

“l’importanza, proprio in un momento così emergenziale, della giusta attenzione e, soprattutto, della propria presenza accanto alle persone ospiti del carcere.

Il nostro diviene in tal modo un lavoro d’anima professionale nel continuare il modus operandi solito, costante, coerente, forse ancor più attento, contraddistinto comunque da una sorta di metabletica: andare oltre una condanna, oltre una punizione, oltre le sbarre, oltre un periodo di emergenza COVID-19.

Notevoli sono la sofferenza, la preoccupazione, il timore percepiti e vissuti, dentro e fuori, e forse ‘dentro’ è tutto più amplificato; chiusi ed impotenti, subendo passivamente le diverse restrizioni disposte per loro, limitati nelle socialità, nei movimenti, nelle camere, nelle attività trattamentali solitamente presenti, gli ‘ospiti’ hanno dovuto rinunciare finanche all’unico vero contatto loro concesso con il mondo esterno ossia il colloquio visivo coi loro cari, allo stato attuale mantenuto telefonicamente o via skype, una volta a settimana.

L’attenzione di tutti noi è quella di essere disponibili nei limiti delle possibilità nel sopperire alcune mancanze, aumentando la quantità dei contatti telefonici per ciascuno di loro, e, comunque, compensando e tamponando attese, lontananze, dolori, apprensioni, ansie avvertiti da tutti loro, così come del resto vengono vissuti da tutti noi, cercando di gestire e contenere il tutto in un ambiente peraltro di per sé difficile e complicato”.

L’avv. Zolla, invece, sottolinea:

“Al termine dell’incontro senza rendercene conto ci siamo trovati di fronte a giovani, uomini e donne, maturi in grado di cambiare idea, in grado di ragionare, ascoltare e confrontarsi, e comprendere che la tutela della salute dei carcerati equivale a tutelare la persona ma anche tutelare la collettività, la città che li ospita e le strutture presenti sul territorio.

Con orgoglio di mamma e avvocato plaudo a questi giovani che prima di tutti hanno dimostrato con maturità cosa voglia dire rispettare le regole siano esse giuridiche, del vivere civile e sociale o anche solo del buon senso.

A loro, che sono la nostra forza, va un grazie per insegnarci ogni giorno che possiamo cambiare, perché è l’unico modo per essere persone consapevoli e forse migliori”.